Ippolito d'Este : diforc'h etre ar stummoù

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[[Skeudenn:IppolitoId'Este.jpg|thumb|right|280px|Ar c'hardinal Ippolito d'Este]]
'''Ippolito d'Este''', ganet e Ferrara d'an [[20 a viz Meurzh]] 1479 ha marvet eno ivez d'an [[3 a viz Gwengolo]] 1520, a oa un arc'heskob hag ur c'hardinal italian. Mab e oa da [[Ercole Iañ d'Este]] , dug Modena ha Ferrara, ha d'ar briñsez [[Eleonora d'Aragona]]. Skoazellañ a reas e vreur [[Alfonso d'Este]], dug [[Ferrara]], ha gwareziñ ar barzh [[Ludovico Ariosto]].
:Quel ch'in pontificale abito imprime<br/>del purpureo capel la sacra chioma<br/>è il liberal, magnanimo, sublime<br/>gran cardinal della Chiesa di Roma<br/>Ippolito, ch'a prose, a versi, a rime<br/>darà materia eterna in ogni idioma<br/>la cui fiorita età vuole il ciel iusto<br/>ch'abbia un Marone come un altro ebbe Auguso|''<br />[[Ludovico Ariosto]]'', ''[[Orlando furioso]]'' cap.III ottava 56
 
'''Ippolito d'Este''', ganet e [[Ferrara]] d'an [[20 a viz Meurzh]] 1479 ha marvet eno ivez d'an [[3 a viz Gwengolo]] 1520, a oa un arc'heskob hag ur c'hardinal italian e deroù ar XVIvet kantved e Ferrara.
 
'''Ippolito d'Este''', ganet e Ferrara d'an [[20 a viz Meurzh]] 1479 ha marvet eno ivez d'an [[3 a viz Gwengolo]] 1520, a oa un arc'heskob hag ur c'hardinal italian. Mab e oa da [[Ercole Iañ d'Este]] , dug Modena ha Ferrara, ha d'ar briñsez [[Eleonora d'Aragonadi Napoli]]. Skoazellañ a reas e vreur [[Alfonso d'Este]], dug [[Ferrara]], ha gwareziñ ar barzh [[Ludovico Ariosto]].
 
 
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==Biografia==
Come quartogenito del duca Ercole, venne immediatamente avviato alla carriera ecclesiastica. Sfruttando le parentele e le conoscenze di famiglia, nel [[1485]], a sei anni di età, fu già affidatario di un'[[abbazia]]. Grazie all'intercessione della zia [[Beatrice d'Aragona]], moglie di [[Mattia Corvino]], re d'[[Ungheria]], nel [[1487]], ad otto anni, fu nominato [[Arcidiocesi|arcivescovo]] di [[arcidiocesi di Strigonio-Budapest|Strigonio]] e quindi [[Primate (ecclesiastico)|primate]] d'Ungheria.
[[Papa Innocenzo VII]] non volle confermare la sua [[Ordine sacro|consacrazione]] fino al compimento del diciottesimo anno di età, quindi gli affiancò nell'amministrazione Beltramo Costabile, [[chierico]] di Ferrara. Studiò per 7 anni alla corte del re ungherese. Dopo la sua morte ([[1490]]), tornò sempre più spesso in [[Italia]]. In occasione di uno di questi viaggi, dietro insistenza del Duca di Ferrara, fu creato cardinale diacono, nel [[concistoro]] del [[20 settembre]] [[1493]], da [[papa Alessandro VI]].
 
Nel [[1496]], incalzato dalla [[peste]], tornò stabilmente in Italia, anche grazie allo scambio di [[diocesi|vescovato]] con [[Eger (Ungheria)|Agria]] (che non prevedeva la residenza obbligatoria) autorizzato dal [[papa]]. A questo titolo ecclesiastico ungherese aggiunge a quello civico di ''[[Spano|főispán]]'' della contea ungherese di Heves.
 
Il [[28 settembre]] [[1497]], dopo aver a lungo rimandato, scrisse al papa notificandogli che si stava dirigendo a [[Roma]] dove era stato convocato. Arrivò a Roma l'[[11 dicembre]] con un seguito di 250 persone. Ricevette la berretta rossa l'[[8 gennaio]] [[1498]].
 
La potenza economica della famiglia è documentata anche dalla imposte pagate nel [[1500]] dal cardinale, che risultò il quinto per censo della [[Curia Romana]].
 
La sua influenza crebbe nel [[1501]] in occasione del matrimonio tra il fratello [[Alfonso I d'Este|Alfonso I]] e [[Lucrezia Borgia]]. Questo matrimonio gli fruttò la nomina ad [[arciprete]] di [[Basilica di San Pietro in Vaticano|San Pietro]].
 
Il [[9 dicembre]] 1501, il cardinale partì da [[Ferrara]] con un seguito di 500 persone per accompagnare Lucrezia nel suo viaggio verso Roma, dove arrivarono il [[23 dicembre]]; il matrimonio fu celebrato in Vaticano il [[30 dicembre]]. Ippolito si trattenne a Roma fino al concistoro del [[15 febbraio]] [[1503]].
{{Este (1471-1597)}}
 
L'anno successivo i suoi rapporti con il Papa si deteriorarono a causa della politica filofrancese del padre Ercole I. Morto il Borgia, il suo successore [[Papa Pio III|Pio III]] lo nominò [[vescovo]] di Ferrara, ma con l'avvento di [[Giulio II]] i rapporti col Pontefice tornarono ad essere tesi. A causa di contrasti politici con il pontefice, nel [[1507]], Ippolito lasciò la Curia, tuttavia l'anno successivo il papa stesso si dovette congratulare con lui per la gestione della congiura dei Bentivogli. Durante la guerra tra il Papa e [[Venezia]] contro la famiglia estense, si comportò in maniera egregia spalleggiando il fratello Alfonso I. Il [[22 dicembre]] [[1509]], alla guida della famosa [[artiglieria]] ferrarese, affondò nel [[Po]] la [[flotta]] della [[Repubblica di Venezia]] nella [[battaglia di Polesella]] e bloccò l'avanzata delle armate della Serenissima, che erano giunte a minacciare la stessa Ferrara dopo aver riconquistato il [[Polesine]] di [[Rovigo]].
 
Il [[27 luglio]] dell'[[1510|anno successivo]] il Papa lo richiamò a Roma, ma sentendosi poco sicuro in Italia, Ippolito si rifugiò in Ungheria.
 
Il [[16 maggio]] [[1511]] fu uno dei cardinali firmatari della citazione ad apparire per il Papa al [[Concilio_Lateranense_V#Il "conciliabolo" di Pisa|Concilio di Pisa]] ([[Scisma|scismatico]]), ma ad ottobre, su suggerimento del fratello, lasciò le posizioni scismatiche e fu autorizzato dal pontefice a tornare a Ferrara.
 
Nel [[1513]], a causa dei cattivi rapporti con il Papa, tornò in Ungheria, ma due mesi dopo, senza aver partecipato al [[conclave]], con l'elezione di [[papa Leone X]] rientrò a Ferrara. Il [[22 aprile]] [[1514]] il cardinale ed i suoi parenti furono perdonati da tutte le censure in cui erano incorsi per aver partecipato alle guerre in Italia. Dopo una parentesi di quattro anni, alla morte di [[Ulászló II]], temendo di perdere la sede arcivescovile di [[Eger (Ungheria)|Agria]], tornò per l'ultima volta in Ungheria.
 
Il [[29 gennaio]] [[1518]] fu autorizzato dal Papa ad accettare dal fratello, per sé e per i suoi eredi e successori, chiese e proprietà.
Nell'agosto 1517 Ippolito intendeva recarsi ad [[Eger]] in compagnia dei fratelli Alessandro e [[Ludovico Ariosto]] e del suo segretario Ludovico da Bagno. Ma Ludovico Ariosto si rifiutò adducendo motivi di salute e familiari. Il cardinale minacciò il poeta di privarlo di tutti i benefici e rendite che gli aveva in precedenza concesso. L'Ariosto scrisse per questo evento una satira, indirizzata ai due che si erano recati con Ippolito ad Eger:
 
{{quote|A messer Alessandro Ariosto et messer Ludovico da Bagno/Io desidero intendere da voi,/Alessandro fratel, compar mio Bagno,/s'in corte è ricordanza più di noi;/se più il signor me accusa;/[...]/So mia natura come mal conviensi/co' freddi verni; e costà sotto il polo/gli avete voi più che in Italia intensi./ma il caldo de le stuffe, c'ho sì infesto,/che più che da la peste me gli involo/Né il verno altrove s'abita in cotesto/paese: vi mangia, giuoca e bee,/e vi si dorme e vi si fa anco il resto./Che quindi vien, come sorbir si dee/l'aria che tien sempre in travaglio il fiato/de le montagne prossime Rifee?/Dal vapor che, dal stomaco elevato,/fa catarro alla testa e cala al petto,/mi rimarei una notte soffocato./E il vin fumoso, a me vie più interdetto/che 'l tòsco, costì a inviti si tracanna,/ e sacrilegio è non ber molto e schietto./Tutti li cibi son con pepe e canna/di amomo e d'altri aròmati, che tutti/come nocivi il medico mi danna./Qui mi potreste dir ch'io avrei ridutti,/dove sotto il camin sedria al foco,/né piei, né ascelle odorerei, né rutti;/e le vivande condiriemi il cuoco/come io volessi, et inacquarmi il vino/potre' a mia posta, e nulla berne o poco./Dunque voi altri insieme, io dal mattino/alla sera starei solo alla cella, solo alla mensa come un certosino?/[...]/A me, per esser stato contumace/di non voler Agria veder né Buda,/che si ritoglia il suo sì non mi spiace"}}
 
Ippolito d'Este non fu però l'unico vescovo italiano di Eger. Tra 1475 e 1486 Eger ebbe come vescovo il francescano veronese [[Gabriele Rangoni]] (1420-1486), una delle più importanti personalità della corte di [[Mattia Corvino]], nonché noto inquisitore degli ussiti.
Nel [[1519]], lasciò l'[[arcidiocesi di Milano]] in favore del nipote [[Ippolito II d'Este]].
 
Morì nella sua città in occasione del suo ultimo rientro in Italia, il 3 settembre 1520, per un'indigestione di gamberoni. Fu sepolto nella [[cattedrale]] di Ferrara. Nel [[1607]], i suoi resti furono spostati ai piedi del sepolcro di [[Papa Urbano III]], insieme a quelli del cardinale [[Giovanni Salvati]], e posti in un'urna di marmo.
 
Lasciò in eredità al fratello un patrimonio stimato in duecentomila [[Ducato (moneta)|ducati]].
 
 
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==Bugale==
 
Digant e serc'h Dalida de' Puti en doe daou vugel bastard
*[[Ludovico d'Este]] (legittimato nel [[1551]] dal [[conte palatino]] Antonio Campeggi di [[Bologna]])
* [[Elisabetta d'Este]] a zimezas da [[Gilberto Pio]], aotrou kêr [[Sassuolo]]
 
 
[[Rummad:Tiegezh Este]]
[[Rummad:Kardinaled]]
 
[[ca:Hipòlit d'Este]]